sabato 21 febbraio 2015

Anche in Sicilia la SCIA non è assoggettata alle tasse sulle concessioni


Con il disegno di legge n. 670/A "Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2014", la Regione Siciliana stava per estendere anche alle  S.C.I.A. ( Segnalazioni certificate di inizio attività) le TASSE SULLE CONCESSIONI regionali previste per le autorizzazioni , licenze, abilitazioni o altro atto di consenso per le attività comprese nelle tabelle di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 e al decreto legislativo 22 giugno 1991, n. 230.
 L'impugnativa del commissario dello Stato,  ha fatto si che la LEGGE 28 gennaio 2014, n. 5,venisse pubblicata in gazzetta con le parti cassate.

Tra l'altro, non si comprende come mai la Regione stesse per "cambiar rotta" dopo che con proprio Decreto Regionale 6 novmbre 2009, avesse già chiarito che "...la D.I.A. semplice non è da sottoporre a tassazione regionale"



Mario Serio


Vedi anche interpello agenzia entrate 27 ago 14 prot.109864 Vedi anche qui
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Art. 5, comme 3,  del disegno di legge 670/A "Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2014"

 Le tasse sulle concessioni regionali cui sono assoggettate le autorizzazioni , licenze, abilitazioni o altro atto di consenso per le attività comprese nelle tabelle di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 e al decreto legislativo 22 giugno 1991, n. 230, si intendono estese alle Segnalazioni certificate di inizio attività - SCIA, di cui alle vigenti disposizioni statali e regionali in materia.

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Articolo impugnato dal commissario dello Stato


Il comma 3 del medesimo articolo si ritiene essere in contrasto con l’art. 117, 2° c. lett. e) della Costituzione che attribuisce allo Stato la potestà legislativa esclusiva in materia di sistema tributario statale.

La nuova disposizione stabilisce infatti che le tasse sulle concessioni regionali cui sono assoggettate le autorizzazioni, licenze, abilitazioni o altro atto di consenso per le attività comprese nelle tabelle di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 e al D.Lgs. 22 giugno 1991, n. 230, si intendono estese alle segnalazioni certificate di inizio attività (SCIA), di cui alle vigenti disposizioni statali e regionali in materia.

La norma in esame invero, nell’estendere alle segnalazioni certificate di inizio attività (SCIA), le corrispondenti tasse sulle concessioni regionali, di fatto istituisce un nuovo tributo, in quanto il D.Lgs. 22 giugno 1991, n. 230, non prevede tale fattispecie.

Bisogna, infatti, sottolineare che le tasse sulle concessioni regionali rientrano tra i tributi erariali, sia pure devoluti alle regioni e pertanto al legislatore regionale non è consentito intervenire sulla loro disciplina secondo il costante orientamento di codesta Corte (ex multis sentenze n. 323 del 2011, n. 241 del 2004 e n. 296 del 2003).

Non va peraltro sottovalutata la circostanza che appare oggettivamente impropria la scelta di individuare come fattispecie imponibile la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).

Occorre, infatti, evidenziare la natura sostanzialmente privatistica di detta segnalazione e tale circostanza comporta che ad essa non può essere attribuita natura provvedimentale, come dimostra anche l’evoluzione dell’istituto in sede normativa e giurisprudenziale. In particolare, appare determinante il tenore letterale dell’art. 19, comma 6-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, con cui il legislatore ha sgombrato il campo da ogni dubbio, statuendo che la segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Lo spoglio di ogni traccia di attività provvedimentale, priva pertanto di giustificazione l’assoggettamento della SCIA alle tasse sulle concessioni, per le quali il presupposto impositivo sorge al momento del rilascio, da parte degli Organi dell’Amministrazione pubblica, dei provvedimenti amministrativi e degli altri atti elencati nelle tariffe previste dalle specifiche normative tributarie, necessari per consentire agli interessati di compiere taluni atti e esercitare determinati e specifici diritti.

Del resto, l’assoggettamento della SCIA alla tassa di concessione, non può trovare un’oggettiva giustificazione, in quanto quest’ultima finirebbe per rappresentare il corrispettivo dell’attività amministrativa di controllo successivo alla presentazione della segnalazione del privato e al contestuale avvio dell’attività. Tuttavia tali poteri inibitori, se esercitati, comporterebbero il mero divieto di prosecuzione dell’attività e la conseguente emanazione di un provvedimento di diniego della concessione che non potrebbe certo giustificare il pagamento della relativa tassa, in quanto la legge prevede che la stessa sia dovuta solo al momento del rilascio del provvedimento amministrativo.

In ultima analisi, la linea evolutiva della SCIA dimostra inequivocabilmente che l’istituto trascende l’attività tipicamente provvedimentale autorizzatoria/concessoria delle pubbliche amministrazioni e ricade nell’ambito delle attività liberalizzate. In virtù di ciò viene meno anche ogni spazio per l’imposizione di una tassa sulle concessioni relativamente a questo tipo di attività.