martedì 3 aprile 2012

"L’annullamento del provvedimento autorizzatorio edilizio non può che essere totale, posto che non è configurabile, in sede di autotutela, un annullamento parziale delle concessioni edilizie, trattandosi di provvedimenti non frazionabili"

N. 03065/2012 REG.PROV.COLL.
N. 12017/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso RG n. 12017 del 2005, proposto dai signori Maccelli Claudio, Aquilino Nadia, Barbato Nicola, Bassan Maria Laura, Bassi Massimiliano, Battista Gelsa, Benedetti Paola, Borini Daniela, Brandi Giovanni Battista, Cacciaglia Antonella, Campagna Rosanna, Castiglione Daniela, Castiglione Patrizia, Castiglione Stefania, Caterini Franca, Ceresa Claudio, Cianchetti Maria Luisa, Cristiano Violetta, De Paolis Rosella, Delicato Maria Teresa, Di Carlo Maria Pasquina, Di Savino Roberto, Faggiano Concetta, Fattori Vera, Ferranti Maria Renata, Ferretti Corrado, Focacci Luisa, Fontanari Giuseppe, Frasca Marina, Fratini Simone, Gambaro Giovanna, Gentile Alessandro Antonio, Gili Giuliano, Grieco Rocco, Miggiano Roberto, Milone Maria Teresa, Miraglia Antonio, Miraglia Maria Cristina, Moffa Elena Grazia, Monteleone Angela, Nebbia Fernando, Nerone Andrea, Pepe Vincenzo, Perrino Francesco, Persili Adriano, Profeta Agnese, Profeta Giuseppe, Profeta Leonardo, Rastelli Riccardo, Rossi Ines, Rotonda Gerardo, Sacconi Alessandra, Simiele Vincenzo, Sorrentino Giuseppina, Specchio Laura, Sperandeo Costantino, Truglia Mirella, Valletta Simonetta, Veltro Anna, Vincenti Massimo, Wysocki Sylwester, Zezza Lucia, rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppe Manni, con domicilio eletto presso l’avv. Ettore Sabetta in Roma, via Nicolo' Tartaglia, 21; dei signori Dessena Domenico, Quattrucci Luigi, rappresentati e difesi dall'avv. Filippo Maria Meschini, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma, via Lattanzio, 5; della signora Ignazzi Maria Luisa, rappresentata e difesa dall'avv. Pietro Di Tosto, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma, via P. Alpino 76 e della signora Tozzi Carla, rappresentata e difesa dagli avv. Mariadolores Furlanetto e Massimo Iannetti, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via A. Vivaldi, 15;
contro
- il Comune di Ardea, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Riccardo Lavitola, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma, v.le Giulio Cesare, 71;
- il Ministero dei Beni e Attività Culturali, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
- della Soc. Fallimento Lido delle Salzare Srl, in persona del legale rappresentante p.t., n.c.;
per l'annullamento, previa sospensiva,
- del provvedimento dirigenziale prot. n. 24702 del 1.8.1997, con cui è stata annullata la concessione edilizia n.362/89 e successiva variante del 27.7.1990, a suo tempo rilasciate per la realizzazione di un complesso turistico residenziale e alberghiero alla società Lido delle Salzare srl;
- del provvedimento dirigenziale n.330/97 del dirigente l’ufficio tecnico comunale del 29.8.1997, con cui il Dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Ardea ha ingiunto alla società Lido delle Salzare srl la demolizione di tutte le opere realizzate in forza delle concessioni annullate nonché di quelle realizzate in pretesa difformità delle medesime, con preavviso, in caso di inottemperanza, di acquisizione gratuita di terreno e costruzioni al patrimonio del Comune;
- del verbale del 26.5.1998 di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione n. 330/1997;
- del provvedimento dirigenziale n. 305 dell’8.7.2005 con il quale il Dirigente dell’Area tecnica del Settore Urbanistico del Comune di Ardea ha ordinato l’immediata acquisizione al patrimonio del Comune dell’area di sedime sulla quale insiste il fabbricato di cui alla concessione edilizia n. 382/89 e per accessione il fabbricato e le opere pertinenziali sulla stessa area realizzate, disponendo la trascrizione del presente provvedimento nei pubblici registri e l’immissione in possesso dell’immobile,
nonché per l’accertamento
-dell’insussistenza del vincolo di cui al decreto del Ministero dei Beni e Attività Culturali del 29.3.1980 sul terreno contrassegnato in Catasto al Foglio 51, part.lla 32, su cui insistono gli appartamenti di proprietà degli odierni ricorrenti,
- dell’intervenuta approvazione dell’intervento edilizio da parte della competente Soprintendenza per il maturare della figura del silenzio-assenso;
- dell’intervenuta autorizzazione ambientale, relativa al vincolo di uso civico, per il maturare del silenzio-assenso;
- dell’esistenza di liquidazione in corso di detto vincolo di uso civico;
- dell’assoluta inscindibilità e autonomia statica, strutturale e funzionale dei vari fabbricati, senza spazio alcuno di discrezionalità;
nonché in subordine
per la condanna al risarcimento dei danni
in solido e/o alternativamente del Comune di Ardea, del Ministero dei Beni e Attività Culturali e del Fallimento “Lido delle Salzare Srl”, previo accertamento della responsabilità di ciascuno in ordine alla causazione dei danni che deriverebbero agli odierni ricorrenti in caso di mancato annullamento (anche parziale) dei provvedimenti impugnati, nella misura che verrà accertata in corso di causa attraverso l’esperimento di apposita CTU ovvero, in caso di impossibilità di determinazione del suo esatto ammontare, in via equitativa, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Ardea e del Ministero Beni Culturali ed Ambientali;
Vista l’ordinanza n. 620/2006 con la quale è stata respinta la suindicata domanda cautelare;
Vista la sentenza non definitiva n.4369/2011 che ha dichiarato improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse dichiarata dai signori Bruno Loretelli, Carla Raponi e Lucio Santoni ed ha disposto, tra l’altro, incombenti istruttori;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2011 il Cons. Mariangela Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. I ricorrenti –proprietari in forza di contratti di compravendita stipulati con la società “Lido delle Salzare Srl” e la sig.ra Rosanna Zamboni, di porzioni immobiliari del complesso immobiliare sito nel Comune di Ardea, con accesso in via Ancona n. 44 – riferiscono che la proprietà degli immobili ricade all’interno dei fabbricati E,F,G insistenti sulla part.lla 32 del Foglio 51, non gravata da vincolo archeologico di tutela indiretta. Detti edifici sono parte di un più esteso complesso originariamente edificato sui terreni in Catasto al Foglio 51, part.lle 31 e 32 a seguito di convenzione edilizia in data 17.11.1989 nonché di concessione edilizia n. 382/89 e successiva variante in data 27 luglio 1990 in favore della società Lido delle Salzare srl rilasciate dal Comune di Ardea. I terreni sono stati trasferiti alla suddetta società dalla sig.ra Zamboni in data 17.11.1989 con l’impegno di cedere alla venditrice il 25 per cento della volumetria che sarebbe stata realizzata sul terreno.La società a seguito di concessione edilizia e successiva variante ha realizzato il complesso immobiliare (centro commerciale, 7 fabbricati, 250 appartamenti).
Lamentano i ricorrenti che dopo otto anni dal rilascio della concessione edilizia e dopo cinque anni dalla ultimazione dei lavori, il Dirigente dell’U.T. del Comune di Ardea con provvedimento prot. n. 24702 del 1.8.1997 (di recente conosciuto) ha annullato la concessione edilizia n.382/89 e successiva variante del 27.7.1990, a suo tempo rilasciate, riscontrando l’esistenza di un vincolo diretto e indiretto ex artt. 1,3 e 21 della Legge n. 1089 del 1939 sulla part.lla 31 del Foglio 51 sul terreno in questione.
Con successivo atto in data 29.8.1997, n. 330, non notificato ai ricorrenti, lo stesso Dirigente, sulla base dei medesimi presupposti contenuti nel provvedimento di annullamento della concessione edilizia, ha ingiunto alla società “Lido delle Salzare srl ” di demolire l’intero complesso realizzato con preavviso, in caso di inottemperanza, di acquisizione gratuita di terreno e costruzioni al patrimonio del Comune.
Con verbale del 26.5.1998, successivamente conosciuto, il Comune ha accertato l’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione n. 330/1997, ad esito di sopralluogo e con successivo provvedimento n. 305 dell’8.7.2005 (non notificato) è stata ordinata l’immediata acquisizione al patrimonio immobiliare del Comune dell’area di sedime sulla quale insiste il fabbricato di cui alla concessione edilizia n. 382/89 e per accessione il fabbricato e le opere pertinenziali sulla stessa area realizzate, disponendo la trascrizione del presente provvedimento nei pubblici registri e l’immissione in possesso dell’immobile.
La società “Lido delle Salzare srl” ha impugnato entrambi i provvedimenti con ricorso RG n. 13083/97 e, a seguito del fallimento della società (sent. 1059/98), il giudizio dinanzi al Tar è stato interrotto e poi riassunto. Con sentenza n. 10236/2002 il Tar ha dichiarato in parte inammissibile il ricorso e, in parte, lo ha respinto e tale sentenza è stata confermata dal Consiglio di Stato. Il Fallimento ha altresì impugnato il provvedimento di acquisizione al patrimonio con ricorso RG 7863/05 all’esame dell’odierna udienza.
Gli istanti così hanno proposto ricorso avverso gli atti indicati in epigrafe di cui lamentano la mancata notifica e la intervenuta conoscenza in epoca recente, censurando tutti gli atti gravati per i seguenti motivi: 1) Violazione di legge in relazione all’art.31, commi 2 e 4 del DPR n. 380 del 2001: il provvedimento di acquisizione gratuita dell’immobile sarebbe illegittimo in quanto l’ingiunzione alle demolizioni e il verbale di accertamento dell’inottemperanza non sarebbero stati notificati ai proprietari e/o comproprietari dell’immobile stesso. Illegittimità da censurare parimenti nei riguardi dell’atto annullatorio e di demolizione, attesa la piena conoscenza del Comune di Ardea dei passaggi immobiliari e dei nominativi dei proprietari .
Quanto al provvedimento prot. n. 24702 del 1.8.1997 deducono: 2) Violazione del principio del giusto procedimento:artt. 2, 4, 6, 7, 8,10 della L.n. 241 del 1990. Eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche e in particolare per difetto e/o falsità e/o erroneità dei presupposti contraddittorietà manifesta tra più atti emanati dalla stessa P.A. . Illogicità, carenza e contraddittorietà della motivazione: la violazione del principio del giusto procedimento sarebbe evidente secondo i ricorrenti in quanto sia la comunicazione del Commissario Straordinario ad acta alla concessionaria riguardo la predisposizione degli atti di annullamento relativi alla concessione e successiva variante(nota 1.8.1997, prot. n. 24560), che l’atto di annullamento, recherebbero la stessa data del 1°agosto 1997. Inoltre, l’esistenza del vincolo di uso civico sull’area di sedime delle costruzioni non comporterebbe automaticamente il divieto assoluto di edificare. Aggiungono gli istanti altresì che, a far data dal 14.4.1988 al 20.1.1989, il Comune sarebbe stato a conoscenza del gravame di uso civico in corso di liquidazione su detti fondi privati, mentre con la certificazione di destinazione urbanistica rilasciata avrebbe asserito che la zona interessata dall’intervento non sarebbe sottoposta a vincoli, compreso quello di uso civico, ingenerando l’incolpevole affidamento del privato
3) Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in particolare per difetto e/o falsità dei presupposti, nonché per contraddittorietà manifesta. Violazione di legge nonché eccesso di potere per travisamento: la trascrizione del vincolo indiretto eseguita per ordine del Ministero competente presso la Conservatoria di Roma 2, nella sezione relativa agli immobili siti nel Comune di Pomezia, sarebbe erronea, posto che i terreni sarebbero stati scorporati dal territorio del Comune di Pomezia e assegnati al Comune di Ardea da più di 10 anni (1970), in disparte anche la circostanza della trascrizione sulla base di una nota priva della indicazione delle generalità del soggetto destinatario (Zamboni). Il Comune avrebbe taciuto anche l’esistenza del vincolo archeologico di tutela indiretta (oltre che quello di uso civico), avendone al contrario conoscenza dello stesso, ingenerando affidamento del privato nella situazione attestata dai certificati di destinazione urbanistica senza giustificare uno specifico interesse pubblico all’eliminazione dell’atto illegittimo.
4)Eccesso di potere per omessa considerazione del principio generale dell’affidamento da parte del privato e conseguente omessa valutazione dell’interesse consolidato. Assenza e/o carenza di motivazione. Violazione di legge: in sede di autotutela il Comune non avrebbe valutato preliminarmente l’effettivo contenuto del vincolo archeologico indiretto nè la reale esistenza di un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della situazione quo ante.
5)Eccesso di potere per difetto dei presupposti sotto altri profili. Omessa considerazione della parziale incidenza del vincolo. Eccessiva onerosità del provvedimento di annullamento totale. Violazione di legge. Eccesso di potere per manifesta contraddittorietà: il Comune a conoscenza della pluralità degli edifici e della scindibilità degli stessi avrebbe dovuto eventualmente adottare un annullamento parziale, stante la diversità delle posizioni, in relazione alle sole porzioni dell’intervento comprese nel perimetro vincolato.
6)Eccesso di potere per falsità dei presupposti e per travisamento sotto altri profili, le asserite difformità del progetto sarebbero generiche nella loro consistenza .
Quanto al provvedimento di ingiunzione a demolire: 7) Illegittimità per vizi derivati; 8) Eccesso di potere per illogicità, irrazionalità manifeste; 9)Violazione degli artt.7 e 8 della Legge n. 47 del 1985 e art.8 della L.R. n. 36 del 1987. Erroneo riferimento al concetto di difformità totale nonché alla pretesa assenza di concessione. Violazione ed errata interpretazione della Delibera Regionale di approvazione del PRG del Comune di Ardea, in BUR del 20.11.1984. Violazione ed errata interpretazione dell’art.8 L.R. 12.6.1975, n.72. Omesso riferimento all’art.12 della Legge n. 47 del 1985. Omesso riferimento all’art.37 del DPR n. 380 del 2001; 10) Violazione di legge con riferimento all’art.38 del DPR 6 giugno 2001, n. 380. Omessa e/o carente motivazione. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche:l’atto ingiuntivo di demolizione sarebbe affetto in via derivata da tutti i vizi di cui apparirebbe inficiato il provvedimento d’origine; inoltre, i rilievi sull’eccesso di cubatura considerati generici e, se conosciuti in tempo gli abusi edilizi avrebbero potuto fruire della normativa sul condono del 2003. Infine, la gratuita acquisizione al patrimonio comunale dell’intero compendio non sarebbe praticabile presupponendo l’abusività dell’intero organismo edilizio, mentre l’opera insisterebbe solo in parte sull’area riguardante il vincolo . Quanto al verbale di accertamento dell’inottemperanza alla demolizione:
11) Violazione di legge. Eccesso di potere per travisamento, illogicità, irrazionalità, contraddittorietà manifeste, il verbale di accertamento non specificherebbe i dati catastali dei fabbricati distinti al NCEU del Comune di Ardea, ma solo l’indicazione del C.T.
Quanto al provvedimento di acquisizione al patrimonio e di immissione nel possesso:
12) Illegittimità per vizi derivati. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche . Violazione di legge con riferimento agli artt. 31 e 38 del DPR 6 giugno 2001, n. 380. Omessa e/o carente motivazione. Violazione di legge con riferimento all’art. 31, comma 6, del DPR n. 380 del 2001. Carenza di potere, la presenza di un solo vincolo (archeologico indiretto) sulla part.lla 31 del foglio 51 non consentirebbe l’acquisizione a favore del Comune di Ardea dell’area di sedime sulla quale insiste il fabbricato di cui alla predetta part.lla 31.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero dei BB.CC. e il Comune di Ardea per resistere al ricorso, chiedendo la reiezione del gravame e in particolare quest’ultimo ha eccepito anche preliminari profili di irricevibilità del ricorso.
Con ordinanza n. 620 del 2006 è stata respinta la suindicata domanda di sospensione del provvedimenti impugnati.
Con atto contenente motivi aggiunti notificati al Comune in data 26.3.2009, parte ricorrente venuta a conoscenza della asserita non rituale notifica alla ditta proprietaria del decreto ministeriale 29.3.1980 impositivo del vincolo ex art.1, 3 e 21 della Legge n. 1089 del 1939, di divieto assoluto di erigere nuove costruzioni e opere di qualsiasi genere,anche provvisorie, ha chiesto l’inopponibilità dello stesso nei confronti dei successivi proprietari.
Il Ministero BB.CC. ha replicato alle censure da ultimo proposte, ulteriormente argomentando sulla tipologia del vincolo e sull’efficacia reale dello stesso, ed ha insistito per l’opponibilità nei confronti dei successivi acquirenti proprietari, concludendo per il rigetto del ricorso avversario.
Anche il Comune di Ardea ha prodotto memoria difensiva, eccependo preliminarmente la inammissibilità dell’atto contenente motivi aggiunti e comunque, attesa l’infondatezza delle pretese, ha concluso per la reiezione del gravame. E’ seguita la replica dei ricorrenti sia sugli aspetti preliminari di rito che di merito con argomentate considerazioni. Alla udienza pubblica del 7 maggio 2009, la causa è stata cancellata dal ruolo.
In seguito i ricorrenti hanno ulteriormente argomentato sulle eccezioni di parte avversa fornendo elementi a riscontro della mancata rilevazione del vincolo sull’area censurando il comportamento del Comune.
In data 28.2.2011 con atto di costituzione di nuovi difensori, previa rinuncia del precedente, la sig.ra Tozzi Carla ha insistito sulle proprie posizioni difensive, replicando con successivo atto depositato in data 9.3.2011.
Con nota pervenuta in data 25 marzo 2011 i signori Bruno Loretelli, Carla Raponi e Lucio Santoni hanno comunicato dichiarazione di non interesse al ricorso, ai fini della declaratoria di improcedibilità da parte di questo Giudice.
Con atto prodotto in data 30 marzo 2011 la ricorrente sig. M.Luisa Ignazzi ha nominato nuovo difensore in giudizio confermando altresì il proprio interesse al ricorso e all’accoglimento dello stesso.
Con sentenza non definitiva n. 4369/2011 il Collegio ha preso atto delle dichiarazioni dei ricorrenti signori Bruno Loretelli, Carla Raponi e Lucio Santoni, comunicate con nota pervenuta in data 25 marzo 2011, e ha dichiarato improcedibile il gravame per sopravvenuta carenza di interesse nei loro confronti e ha disposto incombenti istruttori ai fini della decisione.
In prossimità dell’odierna udienza le parti hanno ulteriormente argomentato sulle rispettive posizioni difensive e alla pubblica udienza del 14 dicembre 2011 la causa è stata introitata per la decisione.
2. In via preliminare, al fine di perimetrare l’oggetto del giudizio e prima della disamina delle censure di merito, appare opportuno evidenziare alcune questioni legate al contenzioso in atto con riferimento anche ad analoghi ricorsi all’esame dell’odierna udienza, vertenti sui medesimi atti impugnati, e ai pregiudiziali rilievi già decisi da questo Tribunale e dal Giudice di appello.
Il Collegio osserva innanzitutto che con sentenza del Cons. Stato, sez. V, n. 6732/2007, passata in giudicato, è stato respinto il ricorso del Fallimento Lido delle Salzare per la riforma della sentenza Tar Lazio, sez. II bis, n. 10236/2002: le argomentazioni in relazione alla regolarità del vincolo e della relativa notificazione alla proprietaria originaria (in data 4.5.1980, effettuata a persona idonea diversa dalla destinataria, la quale, tra l’altro, non ha contestato l’asserita irritualità) sono state ritenute sufficienti a superare le censure della parte appellante (il vincolo era comunque individuabile sia pur trascritto nel catasto in cui l’immobile al quale si riferiva risultava iscritto, ossia negli atti censuari del Comune di Pomezia non esistendo all’epoca della pronuncia del Tar atti censuari autonomi del Comune di Ardea, come confermato anche dal Trib.Civ. Roma sent. II, n. 1705 del 22.1.2007, adito dal Fallimento Lido delle Salzare per la dichiarazione di inopponibilità al medesimo del vincolo archeologico).
Dall’esito dei predetti giudizi ne è derivata la definitiva pronuncia di legittimità del provvedimento di annullamento in autotutela della CE n. 382/89 (D.D. n. 24702 del 1.8.1997) e della successiva variante nonché dell’ordinanza di demolizione delle opere realizzate in forza della CE annullata (D.D. n. 330/97) e conseguente acquisizione al patrimonio comunale (provvedimenti impugnati anche con il ricorso in esame).
La tesi dell’inopponibilità del vincolo archeologico ai soggetti ricorrenti appare, pertanto, superata dal dictum delle sentenze soprarichiamate. Tali decisioni, infatti, sono idonee ad acquistare autorità di giudicato in senso sostanziale - non potendosi riscontrare limiti soggettivi del giudicato stesso, con effetti soltanto fra le parti in causa - attesa la sostanziale riproposizione da parte degli odierni ricorrenti degli analoghi motivi del ricorso proposto dalla società Lido delle Salzare srl (RG 13083/97) e la rilevanza della questione della regolarità del vincolo, ormai cosa giudicata opponibile a tutti gli aventi causa ossia alla società acquirente del terreno su cui è apposto il vincolo e ai terzi acquirenti degli appartamenti realizzati sullo stesso, come i ricorrenti, in quanto il limite edificatorio non può esistere per taluni e non esistere per altri.
Pertanto il decreto è opponibile nei confronti dei successivi proprietari, possessori e detentori a qualsiasi titolo del bene su cui è stato apposto con decreto il vincolo (ai sensi dell’art.15 del D.Lgs. n. 42 del 2004), atto quest’ultimo non impugnato.
A seguito del giudicato del giudice amministrativo si determina pertanto l'obbligo della P.A. di adottare le determinazioni consequenziali.
2.1. Tanto premesso, il Collegio passando all’esame degli articolati profili di illegittimità dei provvedimenti impugnati denunciati dai ricorrenti rileva, in particolare, che quale argomento centrale delle contestazioni viene richiamata la circostanza che i tre edifici E, F e G di proprietà insisterebbero su area libera da vincoli e inoltre è contestato il comportamento dell’Amministrazione che avrebbe potuto adottare un provvedimento di annullamento parziale della concessione, riguardante le parti della costruzione ricadenti sull’area vincolata, al fine di evitare così anche la conseguente demolizione, garantendo la possibilità della sanatoria edilizia con l’applicazione dell’art. 38 del DPR n. 380 del 2001.
Le censure non sono fondate in quanto l’annullamento del provvedimento autorizzatorio edilizio non può che essere totale, posto che non è configurabile, in sede di autotutela, un annullamento parziale delle concessioni edilizie, trattandosi di provvedimenti non frazionabili, tenuto conto che l' annullamento d'ufficio esclude qualsiasi valutazione di carattere discrezionale sulle possibilità tecniche di modificazione del progetto di costruzione. Infatti in sede di autotutela, l'Amministrazione non ha la possibilità di disporre l'annullamento parziale di un permesso di costruire volto alla realizzazione di un complesso immobiliare comprendente più corpi di fabbrica diversi e funzionalmente collegati, non avendo alcun potere di rielaborare il progetto, trattandosi di valutazioni e di scelte rimesse in via esclusiva all'autonomia privata (cfr.Cons.Stato, sez. IV, 5 febbraio 1998, n. 198; idem, 31 luglio 2007, n. 4256). Inoltre non risulta adeguatamente dimostrata l’asserita scindibilità del progetto e della costruzione e la possibilità tecnica della separazione delle porzioni di fabbricato, in contrasto con quanto documentato dal Comune, come anche rilevato da questo Giudice con la sentenza n. 10236/2002, confermata dal Cons. di Stato, sez. V, n. 6732/2007. Conseguentemente, anche l’ordine di demolizione e gli obblighi connessi non possono avere per oggetto limitazioni e riguardano, quindi, legittimamente l’intero complesso edificio.
Infine, quanto all’impugnazione autonoma della memoria difensiva del Comune di cui all’atto contenente motivi aggiunti, in disparte i profili di non idoneità dell’atto processuale ad ampliare l'oggetto del giudizio, tuttavia la contestata valutazione espressa dall’Amministrazione comunale in relazione alla non sanabilità del complesso edilizio nella sua interezza nonché la mancata indicazione degli interessi pubblici e privati coinvolti , appaiono motivi calibrati sulla considerazione dell'atto gravato quale atto a contenuto provvedimentale e risultano ininfluenti e irrilevanti ai fini della decisione alla luce anche dei precedenti assorbenti rilievi circa la incontestata esistenza del vincolo e al logico corollario dei limiti derivanti dallo stesso per l’edificazione.
L’ordinanza di acquisizione, secondo parte ricorrente, sarebbe illegittima perché conseguente all’ordine di demolizione violando il presupposto dell’art.38 del DPR n. 380 del 2001 che disciplina gli interventi eseguiti in base a permessi edilizi poi annullati, con la previsione invece dell’applicazione di una sanzione pecuniaria. Inoltre, secondo parte ricorrente la gratuita acquisizione al patrimonio comunale dell’intero compendio non sarebbe praticabile, sulla base del presupposto dell’abusività dell’intero organismo edilizio, mentre l’opera realizzata insisterebbe solo in parte sull’area vincolata.
La censura non è fondata in quanto il richiamato art.38 del DPR n. 380 del 2001 prevede l’applicazione della sanzione pecuniaria rispetto a quella più grave della demolizione di cui all’art.31 in caso di annullamento del permesso di costruire ove però sia accertata con motivata valutazione l’impossibilità di rimuovere i vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino dell’opera edilizia. Nella specie, i vizi della concessione edilizia poi annullata non riguardano la procedura amministrativa, ma attengono a profili rilevanti che incidono sulla possibilità stessa di edificare (tra l’altro, sussistenza di vincolo archeologico e di uso civico) a fronte dei quali l’Amministrazione ha l’obbligo di intervenire sulle edificazioni con attività di repressione. Peraltro, la questione della regolarità del vincolo costituisce ormai cosa giudicata, a seguito delle intervenute decisioni soprarichiamate ed è opponibile anche ai ricorrenti.
Infine , va rilevato che l’acquisizione al patrimonio investe l’intero complesso edilizio e l’area interessata ed è prevista unitamente alla demolizione adottata a seguito di atto di autotutela che ha annullato il precedente provvedimento autorizzatorio. Tale provvedimento di annullamento della C.E. - come già evidenziato nelle richiamate decisioni passate in giudicato - non può che essere totale, posto che non è configurabile, in sede di autotutela, un annullamento parziale delle concessioni edilizie, trattandosi di provvedimenti non frazionabili, tenuto conto che l' annullamento d'ufficio esclude qualsiasi valutazione di carattere discrezionale sulle possibilità tecniche di modificazione del progetto di costruzione. Al riguardo, non appaiono convincenti le argomentazioni di parte ricorrente atteso che, in sede di autotutela, l'Amministrazione non ha la possibilità di disporre l'annullamento parziale di un permesso di costruire volto alla realizzazione di un complesso immobiliare comprendente più corpi di fabbrica diversi e funzionalmente collegati, non avendo alcun potere di rielaborare il progetto, trattandosi di valutazioni e di scelte rimesse in via esclusiva all'autonomia privata (cfr.Cons.Stato, sez. IV, 5 febbraio 1998, n. 198; idem, 31 luglio 2007, n. 4256). Inoltre non risulta dimostrata l’asserita scindibilità del progetto e della costruzione e la possibilità tecnica della separazione delle porzioni di fabbricato, come anche rilevato da questo Giudice con la sentenza n. 10236/2002, confermata dal Cons. di Stato, sez. V, n. 6732/2007. Conseguentemente, anche l’ordine di demolizione e gli obblighi connessi di acquisizione al patrimonio non possono avere per oggetto limitazioni e riguardano, quindi, legittimamente l’intero complesso edificio.
D’altra parte l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive e della relativa area di sedime costituisce effetto automatico della mancata ottemperanza all’ordine di demolizione ed è un atto dovuto, avente natura vincolata, che opera automaticamente a fronte del consolidarsi dell’effetto dell’ordinanza di demolizione e dell’inottemperanza (cfr. Tar Campania, Napoli, sez. VII, 14 gennaio 2011, n. 164; Tar Lazio, Roma, sez. I, 7 marzo 2011, n. 2031).
Sulla base delle precedenti considerazioni e assorbito ogni altro motivo e profilo di gravame non espressamente esaminato in quanto ritenuto ininfluente e irrilevante ai fini della decisione, il ricorso introduttivo e l’atto contenente motivi aggiunti, in quanto infondati vanno respinti.
Il complessivo contenzioso tra le parti e le ragioni della decisione giustificano l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo e sull’atto contenente motivi aggiunti , come in epigrafe proposti, li respinge.
Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Eduardo Pugliese, Presidente
Antonio Vinciguerra, Consigliere
Mariangela Caminiti, Consigliere, Estensore




L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/03/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)